Note introduttive alla commissione lavoro di Rifondazione Comunista di Torino

di Giorgio Pellegrinelli 

Questa emergenza, evidenzia la assurdità sociale ma anche la fragilità del capitalismo.

Fragilità economica, ma anche sociale. Penso per il nostro paese, ma vale ovunque, ai possibili disoccupati (nel settore auto si ipotizzano 25-50000) con conseguenze non prevedibili su una struttura polverizzata (le aziende in italia hanno in media 4 dipendenti) , e disastrosa sul lavoro marginale (3 milioni ).

Evidenzia anche che non se ne può uscire con lo stesso modello, a meno di essere sempre sulla soglia del baratro, economico, sociale ed anche sanitario.

 

Ma per farlo bisogna riattivare lo scontro, perché i segnali dal capitale e dai suoi rappresentanti politici e istituzionali è che vogliono riproporre lo stesso modello.

La riflessione questa sera è su cosa dobbiamo fare nell’immediato e nei mesi futuri per difendere la condizione dei lavoratori, tentando contemporaneamente di cambiare il modello di sviluppo.

Oggi abbiamo due emergenze

Difendere la salute,

che passa attraverso

-la non riapertura generalizzata anzi il blocco di quelle che impropriamente lavorano.Una analisi sindacale sostiene che il 40% di quelli che lavorano non sta nelle filiere essenziali. A Torino si parla di duemila aziende che lavorano ma non si dice chi sono (il PRC ha chiesto che vengano rese pubbliche) e la richiesta di esenzione galoppa. Cosa accadrebbe se si riaprisse con questo bassissimo livello di controllo ? La ripartenza del contagio è estremamente probabile. Quindi occorre ancora limitare ai settori veramente essenziali e subordinarle comunque all’aggiornamento del doc valutazione specifico e al pieno coinvolgimento di rls,sindacati, lavoratori .L’accordo FCA Sindacati , se è importante sul piano delle indicazioni specifiche, non risponde alla domanda se siamo nelle condizioni generali per allargare le maglie e neanche quali siano le attività che meritano di essere riavviate, non per ragioni economiche ma di utilità sociale . Più ampio e articolato quello del Politecnico, che sembra anche ipotizzare modalità dei trasporti e priorità tecniche dei settori da riaprire. Ma che non a caso non ragiona di priorità sociali, con il risultato (è un paradosso mio) che si potrebbero attivare le produzioni di armi ma non la riabilitazione.

A noi pare che ad oggi non siamo in condizioni di allargare le maglie ( come per altro dicono sanitari insospettabili) e riteniamo ancora opportuna la limitazione alle attività veramente indispensabili.

 -la estensione subito dei tamponi a tutti i lavoratori della sanità e delle attività essenziali, e nelle strutture collettive, rsa in testa . Qualunque sia il motivo, il non farli nei focolai potenziali condanna i lavoratori e espone utenti e collettività. Non è più accettabile anzi è criminale.

-la assunzione nella sanità a tempo indeterminato del personale sanitario, medici infermieri operatori ma anche la conferma dei precari negli altri settori essenziali (scuola, servizi sociali,ricerca, …).Se probabilmente dovremo convivere con questi rischi, occorre che gli operatori siano in grado, per numero ed esperienza, di affrontarli. Non bastano i rinforzi per qualche mese.

Difendere l’occupazione e il reddito

con

-il blocco dei licenziamenti esteso fino a fine emergenza per tutte le tipologie di contratto

-un reddito di emergenza che diventi reddito di cittadinanza .In piemonte, ai lavoratori, coperti da strumenti di integrazione , si aggiungono quelli senza paracadute (dalle 67000 badanti e colf ,100000 con quelle in nero,ai 20000 intermittenti,ai 40000 tempo determinato, ai 9000 occasionali, ai 29000 stagisti. Cioè un popolo di lavoratori (ma ci sono anche i disoccupati totali) che è rimasto senza reddito e che in brevissimo tempo non sarà in grado di sopravvivere.

Questi ultimi due strumenti pongono, anche solo alla luce del casino burocratico che vediamo sul sostegno al reddito, la necessità di una ricomposizione del lavoro riportando ad una unica tipologia le forme del lavoro dipendente. Caso mai diverse per tempo lavorato, modalità di prestazioni etc. ma unificate dagli stessi diritti e stesse tutele. Con la nozione di lavoro autonomo limitata ad una ristretta quantità di soggetti totalmente autosufficienti ma che devono essere chiamati a partecipare come tutte le fonti di reddito , nella fiscalità generale ma anche con contributi specifici, alla solidarietà nel sostegno al reddito (la cassa universale?).

Un ultimo punto ci è suggerito dalla emergenza agricoltura, dove la assenza dei lavoratori stranieri, mette a rischio i raccolti. Rivendicare la regolarizzazione dei migranti, da sempre manodopera sfruttata in questo settore, pone le basi per garantire quelle persone ma anche mettere ordine in attività dominate dal caporalato.

Su questi terreni dobbiamo muoverci per aumentare la pressione sui sindacati, sulle istituzioni e sul governo ma anche direttamente fornendo strumenti di resistenza ai lavoratori, specie a quelli meno strutturati.

Gli sportelli, a partire da quelli che siamo in grado di offrire direttamente con la Poderosa che sono stati attivati e dobbiamo far conoscere, sono un primo e fondamentale strumento da mettere a disposizione di chi ha necessità immediate e concrete.

Ed attivando campagne di massa perché diventino obbiettivi condivisi da milioni di cittadini e lavoratori, capaci di spostare le scelte che il governo e la politica fanno giorno per giorno.

Il futuro, cioè domani

Dobbiamo delineare e aprire già oggi la battaglia per obbiettivi di trasformazione generale, partendo anche da una maggiore consapevolezza tra la gente comune sui limiti del modello attuale.

E’ sotto gli occhi di tutti che si sta sviluppando un dibattito, vedi i 2 appelli di personalità e quello degli economisti, che legano emergenza e modello da cui ripartire.

Ma non solo studiosi, organizzazioni varie dal documento Cgil , a sbilanciamoci, ai focolari ed anche tentativi dal basso, io ho notizia di tre assemblee virtuali che lavorano su una piattaforma per l’emergenza.

Dobbiamo proporre la nostra ma anche saperle intercettare e , nei limiti del possibile, ricondurle ad una spinta comune. Il dipartimento lavoro sta elaborando un suo contributo.

Cosa diciamo noi?

 

Il reperimento delle risorse.

A fronte di una catastrofe planetaria non possono valere le misure del passato. La ripresa del mondo richiede interventi per quantità e qualità mai sperimentati.

Se è così occorre che le banche centrali, come fanno Stati uniti, Giappone, Cina,Inghilterra e tanti stati sovrani, finanzino la emergenza e la ripresa.

Per noi solo l’Europa ha la dimensione economica per intervenire, ma deve farlo senza strozzare i singoli stati, specie quelli meno ricchi, con meccanismi come quelli applicati alla Grecia, al portogallo alla stessa Italia negli anni passati. Quei meccanismi che hanno portato al ridimensionamento dello stato sociale, al taglio della presenza pubblica e anche al disastro della sanità pubblica, con le conseguenze che vediamo.

Quindi, è la nostra proposta, la BCE stampi gli euro per finanziare emergenza e ripresa, senza aumentare il debito degli stati e senza ricatti. Lo può fare se i paesi dell’Europa lo decidono politicamente e se le tante forze che si sono accorte dell’insostenibilità della austerità passano dalle parole ai fatti. Mi sembra che le scelte fatte fino ad ora ( MES sanitario,Sure,Bei) ripropongano lo schema degli aiuti emergenziali da ripagare (con sacrifici sociali).Non credo che che il recovery fund si discosterà da questa impostazione.

Il pareggio di bilancio in costituzione è la rappresentazione di questa ipocrisia, che vale per i bisogni sociali ma si può derogare per finanziare le imprese, ovviamente se e quando la comunità economica lo ritiene conveniente.

 

Le risorse disponibili devono, oltre che garantire reddito ai lavoratori e ai cittadini e liquidità a breve alle imprese, condizionare la ripresa e lo sviluppo futuro secondo alcuni assi prioritari.

Non mi pare che le misure decise dal Governo individuino criteri di incentivazione selettiva ma rispondano solamente al bisogno, certo presente, di fornire liquidità alle imprese, senza alcuno sforzo per definire quali settori rafforzare. Ed inoltre non sembrano condizionare le sovvenzioni al rispetto del blocco dei licenziamenti (c’è il richiamo ad una intesa coi sindacati), della tutela dei dipendenti, della regolarità nel passato fiscale e contributivo.

Invece cosa dobbiamo fare ?

-Il potenziamento dello stato sociale, la sanità, la istruzione, i servizi alle fasce deboli sono i settori da rilanciare immediatamente con assunzione di personale a tempo indeterminato e con l’adeguamento delle strutture materiali (edilizia, impianti, innovazione …).

-la individuazione delle attività strategiche, non per il mercato ma per la vita dei cittadini (la ricerca scientifica in alcuni settori, la farmaceutica, la logistica per la distribuzione dei beni primari, la rete di comunicazione…). Queste devono essere garantite dallo stato, anche a se fuori mercato. E non possono essere oggetto di svendita o delega a soggetti speculatori.

-la riconversione ambientale dei prodotti e delle produzioni. Dopo la recente moda elettrica i costruttori di auto utilizzano la crisi per chiedere deroghe ai vincoli sulle emissioni. Le aziende di telefonia propongono di aumentare la potenza delle antenne. Al contrario deve essere occasione per reimpostare le produzioni su parametri più rispettosi dell’ambiente. Il risanamento ambientale, quello idrogeologico, il recupero edilizio sono attività da mettere al centro delle attività da promuovere e finanziare, usando questa emergenza per rimodellare i consumi.

-spostare il modello dalle esportazioni, che ha evidenziato la debolezza nelle crisi ma anche la interdipendenza delle persone, al consumo interno o di prossimità.

-tutto questo richiede un ruolo diverso dello stato, ed anche delle istituzioni locali, che devono passare da spettatori dello sviluppo economico a soggetti attivi, ed anche proprietari se necessario di aziende strategiche.

In conclusione pensiamo sia necessario costruire una piattaforma, condivisa a livello di massa, ideale per ora ma che diventi reale appena potremo manifestare , su cui i lavoratori e i cittadini che hanno toccato con mano le conseguenze del liberismo possano mobilitarsi per cambiare il sistema.

Per farlo nessuno è autosufficiente, nè in politica nè nel sociale. Per questo vi chiediamo di discuterne questa sera e per questo proponiamo, se lo riterremo utile, di continuare a lavorare assieme.

Gruppo di lavoro

Referente responsabile: Giorgio Pellegrinelli

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