Emergenza coronavirus: le proposte del Prc

Quella che stiamo vivendo è una crisi che impatta duramente sul piano sanitario e sociale e purtroppo avrà effetti molto gravi su tutta l’economia a causa della fermata delle attività economiche, del crollo della domanda di beni e consumi, degli scambi a livello nazionale e internazionale. Alcuni settori saranno più colpiti, ma il calo delle produzioni e delle attività riguarderà la maggior parte dei settori economici 

In tutto il mondo occidentale l’emergenza sanitaria ha rivelato ancora una volta il fallimento del neoliberismo e del capitalismo; i cosiddetti mercati autoregolantisi come dopo la crisi del 2008 chiedono a gran voce l’intervento di quello stesso Stato tacciato di impedire la naturale allocazione delle risorse e la competitività del sistema col suo interventismo e le sue inefficienze.

Ma il rischio che corriamo è che accada quanto accaduto dopo la crisi del 2008 e cioè che il capitalismo scarichi ancora una volta la crisi sui lavoratori cogliendo anche questa occasione per accelerare processi di ristrutturazione e ridurre i diritti del lavoro, ridurre le protezioni sociali, disgregare e indebolire ulteriormente i lavoratori e la capacità di organizzazione e lotta, accentuandone l’atomizzazione e la subalternità alle logiche del capitale. 

La situazione è dunque delicata e difficile. Il variegato schieramento antiliberista e anticapitalista deve acquisire rapidamente la consapevolezza dei rischi che la situazione comporta.

In questo quadro al Prc spetta il compito urgente di indicare quali sono le condizioni in base alle quali si deciderà se nella crisi si produrrà un ulteriore arretramento e regressione sociale, oppure si aprirà la strada verso l’affermazione di un nuovo modo di lavorare, produrre, vivere e consumare. E su questa base avanzare proposte con la forza e gli strumenti necessari per farle diventare senso comune di massa.

Le condizioni generali cui ci riferiamo sono soprattutto due e si verranno a determinare qui e ora.

La prima riguarda un tema su cui anche tra i compagni e le compagnesembra esserci scarsa consapevolezza: come e da dove devono venire le risorse necessarie per garantire  la salute, diritti, i redditi, il lavoro, le attività economiche  dentro l’emergenza e nella fase di uscita. E’ esiziale per l’Italia che non si ricorra a fonti di finanziamento che aumentino il debito e la subordinazione del paese alle istituzioni europee responsabili delle politiche neoliberiste e dell’austerità.
In quel caso vedremmo un ritorno all’utilizzo del debito come vincolo esterno per imporre tagli, precarietà, riduzione dei diritti, e distruggere quello che resta di pubblico nel paese.
Di qui la necessità che la campagna per l’intervento diretto della Bce con risorse per la sanità e per il sostegno e la riconversione dell’economia  che non creino nuovo debito, riprenda  nuovo slancio con un impegno forte di tutto il partito, utilizzando la raccolta delle firme sulla petizione che abbiamo lanciato per far capire l’assoluta giustezza e ragionevolezza della nostra proposta, e costruire intorno ad essa lo schieramento necessario.
Contemporaneamente dobbiamo rilanciare le nostre proposte sulla tassazione dei patrimoni, la progressività fiscale, la spesa per gli armamenti, le grandi opere inutili e dannose 

La seconda condizione che si decide, anch’essa, dentro l’emergenza, dipende dalla piega che prenderà la risoluzione dell’insieme di contraddizioni che la pandemia ha evidenziato o prodotto.
Si proseguirà sulla strada di un sistema sanitario centrato sulla cura, le privatizzazioni e il profitto, come sembra mostrare la scelta di integrare il personale mancante con l’assunzione di nuovi precari, o si avvierà il rilancio di una sanità pubblica centrata sulla prevenzione e promozione della salute?

E poi le contraddizioni che riguardano la salute nei luoghi di lavoro, la perdita di reddito, la riorganizzazione delle produzioni e delle attività lavorative evolveranno verso ulteriore riduzione di diritti e di capacità contrattuale, perdita di posti di lavoro per una parte e aumento estremo della flessibilità dall’altra, precarizzazione spinta, disgregazione sociale e guerra tra i poveri, come sembra o indicare l’offensiva di confindustria e la subalternità  ad essa del governo?

Oppure riusciremo grazie a mobilitazioni e lotte  a garantire una tenuta  sui piani della tutela della salute, dell’occupazione, del salari, dei diritti , dei redditi?

Insomma la seconda condizione, che dirà quali saranno gli sviluppi successivi, sarà favorevole o meno a seconda che il mondo del lavoro e lo schieramento antiliberista e anticapitalista, il fronte del cambiamento, escano rafforzati o indeboliti dalla fase dell’emergenza. 

Finora il Prc è stato tempestivo nella denuncia delle carenze, errori e scelte folli assunte sul piano istituzionale e nel richiamare le gravissime responsabilità del padronato nella diffusione del contagio; nell’anteporre ai profitti la difesa del diritto costituzionale alla salute per i lavoratori e per tutti i cittadini.

Nel presente si tratta di non abbassare l’attenzione, intensificare gli sforzi e le capacità comunicative per dare un contributo visibile alla costruzione delle condizioni del cambiamento. Sul tema dell’intervento della Bce si è già detto.

Sugli altri terreni indichiamo di seguito le nostre priorità immediate.

1)Occorre cogliere subito il terreno fertile dato dalla consapevolezza diffusa sull’importanza per il paese di avere un forte sistema sanitario pubblico e sui danni prodotti dal suo smantellamento e dal sistema delle autonomie regionali. Dobbiamo avviare una campagna per il   rilancio della sanità pubblica denunciando anche il rischio di essere di nuovo impreparati di fronte a una ripresa dei contagi. Occorre mettere in evidenza che   l’assunzione comunicata di 20 mila precari palesa la volontà che dopo l’emergenza si continui come e peggio di prima: Si tratta invece di investire in strutture, strumentazioni e dispositivi di protezione mettendo le produzioni in mani pubbliche, avviare un piano di assunzioni di personale stabile, partendo dalla stabilizzazione di quelli arruolati in questi mesi, per arrivare ad avere organici di livello “europeo”. L’aumento dei posti e le dotazioni delle terapie intensive devono acquisire carattere strutturale.
E’ necessario, come si è rivelato drammaticamente necessario, un forte investimento per  ricostruire le strutture e le reti della prevenzione e della medicina sul territorio attraverso:
– Il recupero delle strutture e degli ospedali sul territorio chiusi o in via di chiusura per i tagli di questi anni
-il rilancio della rete dei medici di famiglia tramite assunzioni,  raddoppiando subito il numero delle formazioni annue, e dotazioni adeguate di DPI
– un piano di assunzioni di operatori sociosanitari per la costituzione in tutti i territori di unità sociosanitarie di continuità assistenziale decisive nella fase del contagio per seguire e curare i contagiati a domicilio e garantirne l’isolamento
– il rilancio delle strutture della prevenzione e controllo nel territorio a partire dai servizi  deputati alla prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro 

2) Abbiamo chiarito nella prima fase come contrastare l’apertura delle produzioni contro le maglie larghe delle norme della fase 1 e l’ulteriore ampliamento realizzato grazie al fallimento programmato del sistema delle deroghe e all’apertura di piccole e medie aziende fuori da ogni controllo.

Con l’avvio della cosiddetta fase 2 si tratta per un verso di mantenere la nostra opposizione a questa scelta irresponsabile per la totale assenza di condizioni di sicurezza per la salute dei lavoratori sia nella rete dei trasporti sia nella mancanza strutturale di un serio sistema dei controlli nei luoghi di lavoro che nelle strutture sanitarie sul territorio, per l’altro di chiarire quali dovrebbero essere le condizioni minime per la riapertura.

Riteniamo giusto che non si rientri prima che i contagi e i decessi siano ridotti a zero e prima che i rientranti siano preventivamente sottoposti a screening ripetuti (analisi sierologica e tamponi), e che sia effettuato il tracciamento dei contatti e isolamento dei positivi e sia garantita la disponibilità di tamponi e cure fin dai primi sintomi.    Cose che per ora stanno facendo di propria iniziativa alcune grandi aziende.

Siamo comunque impegnati a verificare che a tutti i lavoratori e le lavoratrici sia garantita la massima sicurezza: modificare le distanze, scaglionare gli ingressi, ridurre le cadenze, rimodulare l’insieme delle condizioni di lavoro, ridurre le saturazioni, modificare le mense e gli spogliatoi, fornire i DPI, (mascherine, occhiali, visiere.)sanificare gli ambienti. 

Questo richiederebbe da parte del governo  linee guida certe, verificabili ed esigibili  e  l’integrazione delle azioni in azienda, da concordare con Rsu e Rls  e i medici del lavoro, con i medici di base e il sistema sanitario territoriale, al fine di  evitare una ripresa dei contagi intervenendo ai primi sintomi del singolo lavoratore o lavoratrice
Per avere la certezza degli adempimenti necessari si dovrebbe poter contare un vasto ed efficace  sistema di verifiche che possano garantire   strutture pubbliche di controllo se potenziate con mezzi e  assunzioni: Ispettorato del lavoro, Inail,  Inps e i servizi di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro  delle ASL.
Rivendichiamo con forza che si colmino le carenze di questi servizi in quanto a personale e coordinamento delle attività.
Nell’immediato rivendichiamo che:
-i prefetti e i sindaci, massimi responsabili della sanità sul loro territorio, mettano a disposizione, ognuno per le proprie competenze, le forze dell’ordine e le vigilanze urbane per i controlli della attività lavorative sul territorio;
vengano attivate linee telefoniche per permettere ai lavoratori di segnalare aziende aperte indebitamente o che non rispettano le tutele minime, garantendone l’anonimato. Tutte le violazioni siano comunicate alle prefetture che procedano immediatamente alle chiusure.
Grande attenzione va posta a quello che è il principale punto di criticità in un’eventuale fase di rientro, quello dei trasporti. Al riguardo sosteniamo che i mezzi pubblici, quand’anche si limitassero le capienze, senza una situazione di contagi 0, diventerebbero uno dei luoghi di maggior possibilità di estensione del contagio.
Grande attenzione dobbiamo prestare alla realtà delle medie, piccole  e  micro aziende, degli artigiani e del piccolissimo commercio, con relativi addetti, in cui la emergenza reddito spesso si somma alla difficoltà di controllo e la presenza  di una struttura in cui proprietario/lavoratore/familiare confondono i ruoli.

Smart working. Lo consideriamo un fatto positivo da incentivare ed estendere come migliore forma di protezione dal contagio, ma cominciando da subito a ragionare sulle criticità che presenta e che potrebbero diventare vieppiù rilevanti:
Copertura in caso di infortunio, indennità mensa, rischi sulla sicurezza dei dati, orario di lavoro e diritto alla disconnessione, le spese per le dotazioni…..

3)Un’altra priorità immediata è quella per garantire a tutti un reddito che consenta di vivere dignitosamente durante l’emergenza sia con il ricorso alla cassa integrazione, che va erogata al netto della circolare INPS nella quale si deroga all’art. 7 del Jobs act che prevedeva l’obbligo delle aziende di anticipare l’importo della cassa qualora le stesse non si trovassero in situazione di concordato o registrassero gli ultimi due bilanci in rosso, e che esonera dal pagamento della quota da versare da parte delle aziende per accedere alla cassa,  sia elevando nell’immediato la cifra a 800 euro netti per tutte e tutti, comprendendo i milioni di lavoratori ultimi tra gli ultimi che oggi ne sono esclusi. Questa proposta va avanzata insieme a quella per l’istituzione del reddito universale di cittadinanza per tutte e tutti, compresi i migranti, da porre come uno dei punti decisivi per l’uscita dalla crisi ed evitare quella disgregazione sociale su cui già si esercita la demagogia delle destre preludio di un inasprimento della guerra tra poveri. 

Insieme al tema del reddito va ripresa con forza la lotta per la regolarizzazione dei migranti che lavorano in Italia

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