Fare subito ciò che si deve fare

Argiris Panagopoulos, Marco Revelli – il manifesto  -

Mai come oggi la situazione — nazionale e internazionale – è stata così gravida di pericoli e in così rapido mutamento. Mai come oggi sentiamo la paura di perdere del tutto il “nostro mondo”. Al tempo stesso, le evidenti contraddizioni aprono straordinarie opportunità di cambiamento, se solo la sinistra sapesse ritrovare il senso del proprio esistere, come ha invitato a fare martedì Norma Rangeri sul manifesto del 28 luglio.

Lo scenario europeo in particolare – dal quale dipendono buona parte dei nostri destini e che non può non costituire il riferimento principale del nostro agire – va rivelando drammatici punti di caduta che mettono in discussione la sopravvivenza dell’idea stessa di Europa. E che comunque rivelano che così com’è essa non può sopravvivere. Che l’Europa o cam­bia o muore.

L’iniziativa politica coraggiosa del governo greco e del suo popolo ha avuto il grande merito di mostrarlo a tutti, confermando la portata davvero storica dello scontro che si sta svolgendo nello spazio europeo. Il fatto che in questi giorni cruciali la Grecia sia rimasta sola, denuncia tutto il ritardo e l’inadeguatezza della sinistra europea a svolgere il proprio ruolo in questo nuovo spazio politico e sociale.

Il mercantilismo liberista dei Trattati, definiti a misura dell’interesse nazionale tedesco, è insostenibile. Porta l’eurozona al naufragio. E d’altra parte, non possiamo nascondercelo, è debole oggi il consenso, non solo al livello dei governi, per la radicale correzione di rotta necessaria alla sopravvivenza economica e democratica dell’eurozona. L’ostacolo immenso lungo la strada non è solo la debolezza delle leadership politiche ma il deficit, morale e culturale, dei popoli prigionieri dei divergenti interessi nazionali. Dobbiamo con urgenza definire insieme come uscire da una trappola che svuota di senso storico e politico la sinistra.

Non sono, questi, gli unici segnali devastanti che ci arrivano da Bruxelles, Francoforte e Berlino.

Vi si aggiunge l’ostentazione di “disumanità sovrana” mostrata nella questione dei migranti, la vera emergenza umanitaria del nostro tempo affrontata come fastidiosa questione di sicurezza.

La crisi delle culture politiche democratiche tradizionali, a cominciare da quella socialista, travolta dalla subalternità culturale al liberismo delle social-democrazie occidentali, e il simmetrico riemergere di populismi xenofobi e razzisti, non dissimili da quelli che caratterizzarono la catastrofe europea degli anni trenta.

La pratica costante di chiedere ai governi membri – a cominciare dal nostro, e da quelli spagnolo, portoghese e irlandese oltre che, naturalmente, a quello greco — di “far male” ai propri popoli, imponendo loro sacrifici dannosi e particolarmente dolorosi per gli strati più deboli, come prova di fedeltà a un patto mai siglato da quei popoli e divenuto insopportabile economicamente, socialmente e moralmente.

In questo qua­ro il governo italiano è totalmente subal­terno a quella impo­si­zione e a quei dogmi, non solo inca­pace di modi­fi­carne quan­to­meno gli aspetti più pena­liz­zanti ma, anzi, impe­gnato a por­tare a com­pi­mento con zelo il man­dato rice­vuto dall’oligarchia che dirige l’Europa.

Vanno in que­sta dire­zione la mano­mis­sione del nostro ordi­na­mento demo­cra­tico costi­tu­zio­nale; la ten­den­ziale liqui­da­zione della nostra demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva in nome di una forma di governo bru­tal­mente sbi­lan­ciata sul potere ese­cu­tivo (una “demo­cra­zia ese­cu­tiva” o “ese­cu­to­ria”); l’imposizione di una legge-truffa desti­nata a defor­mare gra­ve­mente le volontà dell’elettorato e di con­se­gnare al dema­gogo di turno un potere senza più con­trap­pesi né anti­corpi; la volontà di can­cel­lare le rap­pre­sen­tanze sociali (in primo luogo quelle sin­da­cali) e l’umiliazione del mondo del lavoro con la can­cel­la­zione dei suoi diritti; l’aggressione vol­gare al mondo della cul­tura e della scuola, con l’umiliazione del sapere in nome di cri­teri gerar­chici azien­dali; la ridu­zione a merce di ciò che rimane del nostro patri­mo­nio ter­ri­to­riale e dei nostri beni comuni…

Quella che si con­fi­gura con il governo Renzi è una vera “emer­genza demo­cra­tica”. L’azione svolta finora e quella che si pre­para a por­tare a com­pi­mento defi­ni­scono il pro­filo di un muta­mento di sistema che richiede, per essere con­tra­stato, un’innovazione poli­tica e orga­niz­za­tiva all’altezza della sfida.

Come mostra la vicenda greca in tutta la sua dram­ma­ti­cità, oltre al con­flitto tra Stati e inte­ressi nazio­nali , si pro­fila all’orizzonte un con­flitto poli­tico e sociale di tipo nuovo, tra demo­cra­zia e oli­gar­chie finan­zia­rie e buro­cra­ti­che trans­na­zio­nali; tra domi­nio tota­liz­zante della forma denaro e affer­ma­zione dei prin­ci­pii fon­da­men­tali di giu­sti­zia sociale, egua­glianza e soli­da­rietà; tra governo dall’alto di società sem­pre più ingiu­ste e par­te­ci­pa­zione con­sa­pe­vole e dif­fusa alle scelte col­let­tive, com­bat­tuto non più solo nell’angusto spa­zio nazio­nale ma in campo euro­peo, in cui sarà fon­da­men­tale la capa­cità di dar vita a for­ma­zioni di grandi dimen­sioni, cre­di­bili, forti, auto­re­voli, capaci di supe­rare le distin­zioni di nazio­na­lità e le altret­tanto asfit­ti­che fram­men­ta­zioni identitarie.

Per que­sta ragione noi oggi rite­niamo non più rin­via­bile l’impegno di tutte le forze che si pon­gono in alter­na­tiva a que­sto qua­dro dram­ma­tico e che ancora si richia­mano ai valori di egua­glianza, auto­no­mia e libertà che furono della migliore sini­stra a porre in campo anche in Ita­lia, nei tempi brevi impo­sti dalla gra­vità della situa­zione, una forza uni­ta­ria, inno­va­tiva nello stile poli­tico e cre­di­bile nel pro­prio pro­gramma, non mino­ri­ta­ria né chiusa in ste­rili pra­ti­che testi­mo­niali ma capace, come già è avve­nuto in Gre­cia e in Spa­gna, di costi­tuire un’alternativa di governo e di para­digma allo stato di cose pre­sente. Un sog­getto poli­tico dichia­ra­ta­mente anti­li­be­ri­sta, dotato della forza per com­pe­tere per il governo del paese in con­cor­renza con gli altri poli politici.

Tutte le ultime tor­nate elet­to­rali hanno rive­lato che senza un pro­getto uni­ta­rio a sini­stra, capace di supe­rare l’attuale fram­men­ta­zione, non c’è spe­ranza di soprav­vi­venza per nes­suno. Non pos­siamo con­ti­nuare a ripe­tere che il tempo è ora. Biso­gna dare, da subito, un segnale chiaro. Che si è pronti. E che c’è biso­gno di tutte e tutti. Non solo di chi, in que­sti mesi, nell’area poli­tica alla sini­stra del PD, ha avviato un fitto dia­logo in vista dell’apertura di un “pro­cesso costi­tuente”, ma soprat­tutto degli altri, che nei “luo­ghi della vita” con­ti­nuano a tes­sere resi­stenza, soli­da­rietà, azioni civili, coe­sione sociale. A com­bat­tere l’imbarbarimento e a spe­ri­men­tare il bien vivir. Quelli che aspet­tano che qual­cosa si muova, e che sia cre­di­bile, nuovo, diverso, forte.

Dovranno essere soprat­tutto loro i pro­ta­go­ni­sti della grande “casa comune” che di deve ini­ziare a costruire.

Fac­ciamo sì che sia da subito un “per­corso del fare”. Indi­vi­duiamo fin d’ora nell’iniziativa refe­ren­da­ria sui temi più vicini alla vita delle per­sone un ter­reno su cui impe­gnarsi qui ed ora. Impe­gnia­moci a costruire su ogni tema la più larga rete di sog­getti, che già ci sono, e già sono attivi.

Si lanci, ancor prima della pausa estiva, un mes­sag­gio chiaro e forte: che ci siamo. Che par­tiamo. Che pos­siamo far­cela. Lo dob­biamo ai tanti che aspet­tano da troppo tempo.

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