Che fare per fermare in tempo i cambiamenti climatici e realizzare una reale transizione ecologica?

Incontro organizzato dalla Commissione Ambiente e dalla Commissione Formazione del PRC di Torino

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No alle intimidazioni! Solidarietà con il movimento NO TAV!

Fausto Cristofari*: "Non c’è alcun dubbio sul carattere doloso di questo ennesimo, grave atto intimidatorio."

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Il vademecum no triv per sfatare la «paura»

di Serena Giannico
Il 17 aprile si andrà alle urne contro le trivelle e la petrolizzazione offshore. Abbiamo chiesto alcuni chiarimenti al coordinamento nazionale «No triv».
Di che si tratta?
E’ un referendum abrogativo, e cioè di uno dei pochi strumenti di democrazia diretta che la Costituzione italiana prevede per richiedere la cancellazione, in tutto o in parte, di una legge dello Stato. Perché la proposta soggetta a referendum sia approvata occorre che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto e che la maggioranza si esprima con un «Sì». Hanno diritto di voto tutti i cittadini italiani, anche residenti all’estero, che abbiano compiuto la maggiore età. Scrivendo «Sì» sulla scheda i cittadini avranno la possibilità di eliminare la norma sottoposta a referendum.

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Commissione ambiente - 11 marzo 2015

Si comunica che Mercoledì 11 marzo alle ore 20,30 circa è prevista la riunione della Commissione Ambiente presso la sede della Federazione in via Brindisi 18c  
Odg
Proposte di Lavoro della commissione Ambiente ai circoli  -
iniziative e raccolta firme su  TTIP
proposte di lavoro
varie ed eventuali
Il responsabile commissione
Renato Zanoli

Incontro su TTIP - registrazione video

Campagna STOP TTIP Introduzione Renato Zanoli
Responsabile Commissione Ambiente PRC Torino
Cascina Marchesa Torino 31-01-2015

Campagna STOP TTIP Intervento di Alessandra Algostino
Prof. Associato Università di Torino
Cascina Marchesa Torino 31-01-2015

Campagna STOP TTIP Intervento di Leopoldo Tartaglia
Coordinatore Dipartimento Politiche Globali CGIL
Cascina Marchesa Torino 31-01-2015

Campagna STOP TTIP Intervento di Giovanni Fabbris
Coordinatore di Altragricoltura
Chiusura di Renato Zanoli - Resp. Comm:Ambiente PRC Torino

CAMPAGNA STOP TTIP

INCONTRO
SABATO 31 GENNAIO 2015
dalle ore 9 alle ore 13
Alla Cascina Marchesa – C.so Vercelli 141/7 a Torino

INTERVENGONO:
Alessandra Algostino  docente di Diritto costituzionale comparato, Università di Torino  - TTIP: (un altro passo) verso la liquidazione della democrazia
Giovanni Fabbris   Coordinatore di “Altragricoltura”- "Si esce dalla Crisi rurale con la Sovranità Alimentare e i diritti e non con i trattati commerciali!
Leopoldo Tartaglia Coordinatore Dipartimento Politiche Globali della CGIL - "TTIP, ovvero il libero scambio dei diritti sociali e del lavoro ...."
Renato Zanoli  Responsabile Commissione Ambiente PRC Federazione Torino

Commissione ambiente - 25 febbraio

Si comunica che mercoledì 25 febbraio alle ore 20,30 si riunisce la Commissione Ambiente in via Brindisi 18c Torino
con all'o.d.g.
- Lavoro della commissione Ambiente con i circoli  - iniziative e contatti
- TTIP iniziative e proposte di lavoro
- varie ed eventuali
Il responsabile commissione
Renato Zanoli

Torino, 23/02/2015

Contro la cessione del diritto agli interessi delle multinazionali firmiamo la petizione contro TTIP e CETA

 

Oggetto:

Invitiamo le istituzioni dell’Unione europea e dei suoi stati membri ad interrompere le negoziazioni con gli Stati Uniti sul Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership – TTIP) e a non stipulare l’accordo economico e commerciale globale (Comprehensive Economic and Trade Agreement – CETA) con il Canada.

Obiettivi principali:

Desideriamo non vengano stipulati il TTIP e il CETA perché comportano diversi problemi fondamentali, quali la composizione delle controversie tra stato e investitori privati nonché le regole inerenti la cooperazione in campo normativo, che costituiscono una minaccia per la democrazia e lo stato di diritto. Vogliamo evitare una riduzione degli standard sociali, ambientali e inerenti il lavoro, la protezione dei dati personali e dei diritti dei consumatori, e una deregolamentazione delle risorse culturali e dei servizi pubblici (come l’acqua) in trattative non trasparenti. L’ICE (Iniziativa dei Cittadini Europei) promuove una politica alternativa di commercio e investimento nell’UE.

PER FIRMARE LA PETIZIONE: http://stop-ttip.org/firma/

 

PERCHÈ È PERICOLOSO IL TTIP Intervista a M. DI SISTO

http://www.agoravox.it/Cos-e-il-TTIP-e-perche-e.html

 

Monica Di Sisto, giornalista, è vicepresidente dell’Associazione Fairwatch, che si occupa di commercio internazionale e di clima da oltre 10 anni. Insegna Modelli di sviluppo economico alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Con Fairwatch è tra i promotori della campagna nazionale Stop TTIP.

 

Che cos’è il TTIP?

Il TTIP è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico, ossia con l’intento dichiarato di abbattere dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti rendendo il commercio più fluido e penetrante tra le due sponde dell’oceano.

L’idea sembrerebbe buona. Perché qualcuno lo definisce “pericoloso”?

Condividiamo la definizione perché, in realtà questo trattato, che viene negoziato in segreto tra Commissione UE e Governo USA, vuole costruire un blocco geopolitico offensivo nei confronti di Paesi emergenti come Cina, India e Brasile creando un mercato interno tra noi e gli Stati Uniti le cui regole, caratteristiche e priorità non verranno più determinate dai nostri Governi e sistemi democratici, ma modellate da organismi tecnici sovranazionali sulle esigenze dei grandi gruppi transnazionali.

I soliti “tecnici” che “rubano” il potere alla politica.

Infatti. Il Trattato prevede l’introduzione di due organismi tecnici potenzialmente molto potenti e fuori da ogni controllo da parte degli Stati e quindi dei cittadini. Il primo, un meccanismo di protezione degli investimenti (Investor-State Dispute Settlement – ISDS), consentirebbe alle imprese italiane o USA di citare gli opposti governi qualora democraticamente introducessero normative, anche importanti per i propri cittadini, che ledessero i loro interessi passati, presenti e futuri.

Le aziende citerebbero gli Stati in tribunale.

Non solo; le vertenze non verrebbero giudicate da tribunali ordinari che ragionano in virtù di tutta la normativa vigente, come è già possibile oggi, ma da un consesso riservato di avvocati commerciali superspecializzati che giudicherebbero solo sulla base del trattato stesso se uno Stato – magari introducendo una regola a salvaguardia del clima, o della salute – sta creando un danno a un’impresa. Se venisse trovato colpevole, quello stato o comune, o regione, potrebbe essere costretto a ritirare il provvedimento o ad indennizzare l’impresa. Pensiamo ad un caso come quello dell’Ilva a Taranto, o della diossina a Seveso, e l’ingiustizia è servita.

Una giustizia “privatizzata”, insomma.

Non è l’unica questione. Un altro organismo di cui viene prevista l’introduzione è il Regulatory Cooperation Council: un organo dove esperti nominati della Commissione UE e del ministero USA competente valuterebbero l’impatto commerciale di ogni marchio, regola, etichetta, ma anche contratto di lavoro o standard di sicurezza operativi a livello nazionale, federale o europeo. A sua discrezione sarebbero ascoltati imprese, sindacati e società civile. A sua discrezione sarebbe valutato il rapporto costi/benefici di ogni misura e il livello di conciliazione e uniformità tra USA e UE da raggiungere, e quindi la loro effettiva introduzione o mantenimento. Un’assurdità antidemocratica che va bloccata, a mio avviso, il prima possibile.

Per chi è allora vantaggioso il TTIP?

Il ministero per lo Sviluppo economico ha commissionato a Prometeia s.p.a. una prima valutazione d’impatto mirata all’Italia, alla base di molte notizie di stampa e interrogazioni parlamentari. Scorrendo dati e previsioni apprendiamo che i primi benefici delle liberalizzazioni si manifesterebbero nell’arco di tre anni dall’entrata in vigore dell’accordo: il 2018, al più presto. Il TTIP porterebbe, entro i tre anni considerati, da un guadagno pari a zero in uno scenario cauto, ad uno +0,5% di PIL in uno scenario ottimistico: 5,6 miliardi di euro e 30mila posti di lavoro grazie a un +5% dell’export per il sistema moda, la meccanica per trasporti, un po’ meno da cibi e bevande e da uno scarso +2% per prodotti petroliferi, prodotti per costruzioni, beni di consumo e agricoltura. L’Organizzazione mondiale del Commercio ci dice che le imprese italiane che esportano sono oltre 210mila, ma è la top ten che si porta a casa il 72% delle esportazioni nazionali (ICE – Sintesi Rapporto 2012-2013: “L’Italia nell’economia internazionale”). Secondo l’ICE, in tutto nel 2012 le esportazioni di beni e servizi dell’Italia sono cresciute in volume del 2,3%, leggermente al di sotto del commercio mondiale. La loro incidenza sul PIL ha sfiorato il 30% in virtù dell’austerity e della crisi dei consumi che hanno depresso il prodotto interno. L’Italia è dunque riuscita a rosicchiare spazi di mercato internazionale contenendo i propri prezzi, senza generare domanda interna né nuova occupazione. Quindi prima di chiudere i conti potremmo trovarci invasi da prodotti USA a prezzi stracciati che porterebbero danni all’economia diffusa, e soprattutto all’occupazione, molto più ingenti di questi presunti guadagni per i soliti noti. Danni potenziali che né la ricerca condotta da Prometeia né il nostro Governo al momento hanno quantificato o tenuto in considerazione.

È vero che, nonostante l’enorme importanza della questione, il Parlamento europeo non abbia accesso a tutte le informazioni sul modo in cui si svolgono gli incontri e sullo stato di avanzamento delle trattative?

Il Parlamento europeo, dopo aver votato nel 2013 il mandato a negoziare esclusivo alla Commissione – come richiede il Trattato di Lisbona – potrà soltanto porre dei quesiti circostanziati, cui la Commissione può rispondere ma nel rispetto della riservatezza obbligatoria in tutti i negoziati commerciali bilaterali, sempre secondo il Trattato, e poi avrà diritto di voto finale “prendi o lascia”, quando il negoziato sarà completato. Nel frattempo non ha diritto né di accesso né di intervento sul testo. I Governi stessi dell’Unione, se vorranno avere visione delle proposte USA, dovranno – a quanto sembra al momento – accedere a sale di sola lettura approntate nelle ambasciate USA (non si capisce se in quelle di tutti gli Stati UE o solo a Bruxelles, e non potranno nemmeno prendere appunti o farne copia. Un assurdo, considerata la tecnicità e complessità dei testi negoziali.

Quali effetti potrà produrre l’accordo se verrà approvato nella sua forma attuale?
Tutti i settori di produzione e consumo come cibo, farmaci, energia, chimica, ma anche i nostri diritti connessi all’accesso a servizi essenziali di alto valore commerciale come la scuola, la sanità, l’acqua, previdenza e pensioni, sarebbero tutti esposti a ulteriori privatizzazioni e alla potenziale acquisizione da parte delle imprese e dei gruppi economico-finanziari più attrezzati, e dunque più competitivi. Senza pensare che misure protettive, come i contratti di lavoro, misure di salvaguardia o protezione sociale o ambientale, potrebbero essere spazzati via a patto di affidarsi allo studio legale giusto e ben accreditato.

Il TTIP produrrà dei rischi per i cittadini?

Tom Jenkins della Confederazione sindacale europea (ETUC), nell’incontro con la Commissione del 14 gennaio scorso, ha ricordato che gli Stati Uniti non hanno ratificato diverse convenzioni e impegni internazionali ILO e ONU in materia di diritti del lavoro, diritti umani e ambiente. Questo rende, ad esempio, il loro costo del lavoro più basso e il comportamento delle imprese nazionali più disinvolto e competitivo, in termini puramente economici, anche se più irresponsabile. A sorvegliare gli impatti ambientali e sociali del TTIP, ha rassicurato la Commissione, come nei più recenti accordi di liberalizzazione siglati dall’UE, ci sarà un apposito capitolo dedicato allo Sviluppo sostenibile che metterà in piedi un meccanismo di monitoraggio specifico, partecipato da sindacati e società civile d’ambo le regioni.

È il primo caso del genere? O c’è qualche “antenato”?

Un meccanismo simile è entrato in vigore da meno di un anno tra UE e Korea, con la quale l’Europa ha sottoscritto un trattato di liberalizzazione commerciale molto simile anche strutturalmente al TTIP, facendo finta di non ricordare che come gli USA la Korea si è sottratta a gran parte delle convenzioni ILO e ONU. Imprese, sindacati e ONG che fanno parte dell’analogo organo creato per monitorare la sostenibilità sociale e ambientale del trattato UE-Korea, hanno protestato con la Commissione affinché avvii una procedura di infrazione contro la Korea per comportamento antisindacale, e ancora aspettano una risposta (http://goo.gl/82OLmh). Perché dovremmo pensare che gli USA, molto più potenti e contrattualmente forti si dovrebbero piegare alle nostre esigenze, considerando che sono tra i pochi Paesi che non si sono mai piegati a impegni obbligatori a salvaguardia della salute, o dell’ambiente come il Protocollo di Kyoto appena archiviato anche grazie alla loro ferma opposizione?

Il TTIP può produrre danni per la salute?

Faccio un solo esempio, basato sulla storia. Nel 1988 l’UE ha vietato l’importazione di carni bovine trattate con certi ormoni della crescita cancerogeni. Per questo è stata obbligata a pagare a USA e Canada dal Tribunale delle dispute dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) oltre 250 milioni di dollari l’anno di sanzioni commerciali nonostante le evidenze scientifiche e le tante vittime. Solo nel 2013 la ritorsione è finita quando l’Europa si è impegnata ad acquistare dai due concorrenti carne di alta qualità fino a 48.200 tonnellate l’anno, alla faccia del libero commercio. Sarà una coincidenza, ma in un documento congiunto dell’ottobre 2012 BusinessEurope e US Chamber of Commerce, le due più potenti lobby d’impresa delle due sponde dell’oceano, avevano chiesto ai propri Governi proprio di avviare una “cooperazione sui meccanismi di regolazione”, che consentisse alle imprese di contribuire alla loro stessa stesura (http://goo.gl/HlqhTc).

Esistono alternative al TTIP? A cosa potrebbero aspirare i cittadini del mondo afflitti dall’attuale crisi economica?

Da molti anni non solo movimenti, associazioni, reti sindacali ma anche istituzioni internazionali come FAO e UNCTAD, le agenzie ONU che lavorano su Agricoltura, Commercio e Sviluppo, richiamano l’attenzione sul fatto che rafforzare i mercati locali, con programmazioni territoriali regionali e locali più attente basate su quanto ci resta delle risorse essenziali alla vita e quanti bisogni essenziali dobbiamo soddisfare per far vivere dignitosamente più abitanti della terra possibili, potrebbe aiutarci ad uscire dalla crisi economica, ambientale, ma soprattutto sociale che stiamo vivendo, prevedibilmente, da tanti anni. Stiamo facendo finta di niente, continuando a percorrere strade, come quella della iperliberalizzazione forzata stile TTIP, che fanno male non solo al pianeta e alle comunità umane, ma allo stesso commercio che è in contrazione dal 2009 e non si sta più espandendo. Da quando la piena occupazione europea e statunitense, che con redditi veri e capienti sosteneva produzione e consumi globali, sono diventate un miraggio, anche la crescita dei popolatissimi Paesi emergenti, che hanno fatto la propria fortuna grazie alla commercializzazione del loro capitale ambientale e umano a prezzi stracciati e ad alti costi ambientali e sociali, non è riuscita più a sostenere il paradigma della crescita infinita che si è rivelato per quello che era: falso e insensato. I poveri, che crescono a vista d’occhio e devono lavorare oltre le 10 ore al giorno per un pugno di spiccioli, consumano prodotti poveri e sempre meno; i ricchi, che sono sempre più ricchi ma anche sempre meno, consumano tanto e malissimo, e non creano benessere diffuso. Abbiamo la grande opportunità di voltare pagina, e di tentare di dare a questo pianeta ancora un po’ di futuro, rimettendo al centro della politica i beni comuni e i diritti. Col TTIP, al contrario, ci chiuderemo le poche finestre di possibilità ancora aperte. Con la Campagna Stop TTIP, che raccoglie solo in Italia oltre 60 tra associazioni, sindacati, enti pubblici, cittadini e comunità, vogliamo fermare questa deriva e diffondere tutte le alternative possibili e più efficaci delle vecchie ricette fallimentari che continuiamo a subire.

Giornata di mobilitazione contro il TTIP

Bruxelles Venerdì 19 dicembre 2014
In strada per l’educazione, il lavoro, il cibo sano,
la qualità ambientale e i diritti.

Il Partito della Rifondazione Comunista aderisce alla
giornata di mobilitazione europea contro il TTIP.

Fermiamo il  TTIP per avere un’ Europa libera, ecologica,
sociale e democratica, priva di ogni forma di austerità, così come era nel
sogno di Altiero Spinelli.
L'austerità è sempre più brutale, ci porta in una spirale recessiva e impone regressioni sociali.
La maggior parte dei programmi nazionali di austerità non sono altro che l’applicazione delle raccomandazioni europee,
fatte nel quadro del patto di stabilità, che anche il nostro governo ha approvato.
I leader nazionali ed europei continuano a sottoporre i popoli alla volontà degli azionisti e delle multinazionali.
L’ accordo di libero scambio, negoziato in segreto, riflette la volontà di imporre gli interessi delle multinazionali e la
loro logica del profitto a scapito dei cittadini.
Contro tutte le forme di austerità, presenti ad ogni livello di governo, cittadini, lavoratori e studenti,
occuperanno tutte le strade di Bruxelles in occasione dell’European Council che si terrà il 19 e 20 dicembre prossimi.
Facciamo appello a tutte le organizzazioni e gli individui a fare del 19 dicembre 2014 una giornata di mobilitazione e
convergenza delle lotte.  
Scendiamo in piazza perché l'interesse pubblico non è quello delle multinazionali o delle lobby e che la democrazia
non esiste senza il popolo perché, solo un’ Europa veramente democratica, può soddisfare
i bisogni sociali della popolazione e garantire un futuro di prosperità per tutti.

Il Trattato Transatlantico: più austerità e meno democrazia
L'Europa siamo noi

Comunicazioni

Si comunica inoltre che il compagno Renato Zanoli è stato designato dalla segreteria provinciale a seguire la tematica del TTIP nel rapporto con il comitato che si è costituito a livello provinciale e con i Circoli Prc.

Gruppo di lavoro

Referente responsabile: Renato Zanoli

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