Non esistono guerre umanitarie

La guerra è sempre un crimine e chi scatena la guerra è sempre un criminale. Ciò vale per la Russia di Putin come per gli USA per il Vietnam o l’Iraq, come per l’Italia di Mussolini con la Somalia e l’Abissinia. Ma, anche e ancora, per l’Italia che bombarda la Serbia.

Non esistono guerre umanitarie. Ma, di sicuro, esiste un immenso business delle armi, come sanno bene i nostri ultimi governi che incrementano le spese militari a dismisura mentre tagliano le spese per la sanità.
La narrazione mainstream di questi giorni, tuttavia racconta una realtà ampiamente distorta. L’Ucraina è affare ben diverso da quanto si possa ascoltare e leggere. Ho avuto la ventura, dal 2012 la 2015 di rivestire la funzione di Segretario Generale della Camera di Commercio italiana per l’Ucraina con sedi allora a Torino, Kiev e L’viv (Leopoli). Ho avuto così modo di conoscere una realtà composita con luci e molte ombre. Per unanime parere dei miei interlocutori ucraini imprenditori la corruzione è endemica, dai livelli più infimi (la bustarella al bidello per iscrivere i figli a scuola) ai più alti (ministri e capi di governo) senza alcuna differenza tra città e villaggi. Ne ho ricavato che il basso tenore di vita medio non è dovuto a bassa scolarizzazione (tra le più alte d’Europa con punte d’eccellenza nelle scienze agricole e nella tecnologia cibernetica) ma esclusivamente alla passivizzazione delle dinamiche sociali proprio causata dalla corruzione come elemento sociale, atrofizzando ogni spinta al progresso reale. Così, mentre a pochi kilometri da Kiev si costruisce il più grande aereo del mondo da trasporto, l’Antonov AN-225, la disoccupazione dilaga a causa del basso contenuto tecnologico delle industrie leggere e pesanti. Andare a combattere in Donbass, tanto nell’esercito quanto nelle milizie private filonaziste, diviene così tanto il sintomo della disperazione quanto un modo per rimediare un salario decente che altrimenti sarebbe ben difficile da rimediare. D’altra parte, l’abbondante migrazione di ucraine e ucraini in Italia testimonia abbondantemente lo stato di bisogno molto diffuso. Non è frequente ascoltare nei talk-show nostrani o leggere sulle principali testate giornalistiche che il Donbass, come la Crimea non parlano e scrivono in ucraino ma solo in russo, da sempre. Così come sono oramai antiche le richieste di autonomia dall’Ucraina dei territori delle autoproclamate repubbliche di Lugansk e Doneck e ben raramente si fa cenno alla ricchezza mineraria di quelle terre e all’alto grado di industrializzazione (metallurgia, chimica, metalmeccanica) dell’intera regione. Ed è raro trovare sui nostri media il dato che da più di otto anni esercito ucraino e milizie mercenarie al comando di filonazisti non hanno mai cessato di bombardare la vasta regione del Donbass con milioni di abitanti. Un dato su tutti spicca nell’informazione monca interna l’Ucraina e nell’occidente: asili, scuole, ospedali sono i bersagli preferiti di chi alza la bandiera della libertà occidentale. Il conteggio delle vittime del Donbass in divisa è largamente inferiore alle vittime civili fra cui donne e bambini. Cosa succeda alle donne catturate dai filoccidentali è scontato e non sto qui a riportare le raccapriccianti testimonianze reali. Da lì alla pulizia etnica il passo è breve e, forse, già oltrepassato.

Se a quanto fin qui descritto si aggiunge che la NATO ha bellamente tradito lo storico accordo tra occidente e Russia sottoscritto da Gorbaciov nel 1990 in cui la NATO si impegnava a non espandersi verso est con la clamorosa installazione di missili tattici in Polonia al confine con la Russia e con l’inclusione nel Patto atlantico dei paesi confinanti o vicini al territorio russo, la frittata è pronta!
Allora, facilmente, il problema non è solo la Russia condotta da un pazzo fanatico imperialista. La NATO è parte del problema. Per questo è giusto chiedere che l’Italia esca dalla NATO. Ed altrettanto giusto è chiedere l’uscita della NATO dall’Italia. Fin quando il nostro Paese ospiterà testate nucleari americane (Ghedi, Sigonella, Veneto, Camp Derby per rimanere ai siti dichiarati) sarà fra i possibili bersagli di ritorsione, oggettivamente esposto alla catastrofe della guerra. Oggi il governo italiano dispone di inviare altre armi in Ucraina per il bene del nostro PIL ma, anche, per asservire un’alleanza guerrafondaia che può solo portarci alla rovina. E’ ora di dire basta, è ora di dichiarare la neutralità da ogni teatro di guerra. Solo così potremo costruire la pace.

Alle ucraine e agli ucraini abitanti a Chieri rivolgiamo lo stesso messaggio che rivolgiamo alle cittadine e ai cittadini russi: non sono i popoli che vogliono la guerra, son i governi che dichiarano guerre sulle nostre pelli. Disarmiamoci tutti, accomunati del nostro essere umani, di diverse lingue, di diversi colori ma tutti umani nella medesima misura.

Elio Limberti, segretario Circolo PRC Chieri

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