Niente Gigafactory, un altro colpo all’industria torinese

Stellantis ha deciso, la sua terza fabbrica di batterie in Europa si realizzerà a Termoli: augurando ai lavoratori di Termoli di poterci lavorare (non sarebbe la prima volta che Fiat/FCA promette, prende i soldi pubblici e poi mette da parte gli impegni) non possiamo che evidenziare che questa scelta conferma ed aggrava le prospettive per le fabbriche torinesi.
La speranza che la Gigafactory costituisse un rilancio per Torino è stata azzerata brutalmente, ma questa decisione segue e continua un processo di ridimensionamento delle attività di Fiat /Fca, oggi Stellantis, dalle nostri parti e nel nostro Paese. Non ci si può nascondere che le scelte complessive del gruppo hanno portato a produrre a Torino un numero di vetture del tutto marginale e questo è il nodo, certo aggravato da questa ultima decisione. I 14 anni di cassa dei dipendenti di Mirafiori spiegano meglio delle analisi economiche le strategie del gruppo.


Allora non si può fare nulla?
Si può e si deve intervenire ma partendo da presupposti molto diversi da quelli dell’intervento che mette una pezza ad una situazione in declino.
Il primo è che la vicenda dall’auto, a Torino, in Italia e forse nel mondo è a un bivio strategico. Di auto se ne venderanno e quindi produrranno di meno, in ogni caso saranno totalmente diverse da ora e in gran parte prodotte in posti diversi. Quindi le soluzioni, specie sul piano occupazionale, che sono quelle socialmente più gravi, richiedono strumenti generali come la pianificazione di cosa produrre nel futuro (la transizione ecologica, che è già domani), come riconvertire i lavoratori, quali condizioni porre alle aziende per evitare che non vadano solo dove i mercati tirano o dove il dumping sociale e fiscale gli conviene.
Questo, lo diciamo da tempo, richiede un intervento dello stato rigoroso e deciso, anche attraverso la partecipazione nelle aziende (Francia e Germania lo fanno da sempre) e un ruolo di direzione sui prodotti, gli insediamenti, le riconversioni necessarie magari verso il trasporto collettivo. Obiettivi da cui far dipendere sostegni ed aiuti. Un ruolo a cui lo Stato italiano ha rinunciato da decenni.
Il secondo è che una simile operazione di riconversione sociale ed ecologica richiede l’apertura di una vertenza nazionale o anche europea, in cui i lavoratori, i sindacati pongano obiettivi generali e scendano in campo per contrattare con aziende e governo. E a cui le forze che a quel mondo si richiamano diano il loro contributo progettuale e di mobilitazione.
Ma questo è possibile con forze politiche, oggi egemoni nel governo Draghi, che da decenni sostengono che le vicende industriali sono roba delle aziende? O che teorizzano la libertà dei mercati e delle aziende di girare il mondo in cerca di evasione fiscale e lavoratori schiavi? O che continuano a sostenere il lavoro precario e l’allungamento delle pensioni?
Noi pensiamo che si debba, anche partendo dalla vicenda Stellantis di Torino, realizzare una mobilitazione sociale e politica, oltre che sindacale. Una mobilitazione che definisca cosa serve, oggi e nel futuro, e permetta anche di capire chi è disponibile a battersi nell’interesse delle lavoratrici e dei lavoratori.
Rifondazione Comunista, federazione di Torino

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