Neopopulismi in sedicesimo

di Ezio Locatelli*

Ecco squadernata, in una recente intervista di Giorgio Cremaschi, la nuova versione hard di Potere al Popolo. Non più un soggetto plurale, come avrebbe dovuto essere stando al manifesto fondativo, ma “soggetto unico”, depositario in esclusiva di “un’alternativa vera”.  Un soggetto deciso a tagliare i ponti con tutto ciò che sa di passato, indistintamente, anche con chi in tutti questi anni ha resistito, lottato, andando controcorrente.

Un soggetto neopopulista in sedicesimo teso a oltrepassare le organizzazioni esistenti. Eh già, quando si tratta di discutere di prospettive politiche  e di sinistra c’è chi,  anche sul versante antagonista, sembra aver fatto propria la famosa metafora cristologica:  “io vivo nell’epoca dopo Cristo, tutto ciò che è avvenuto prima di Cristo non mi riguarda e non mi interessa”.  Metafora che dà una rappresentazione palingenetica del cambiamento senza riguardo alcuno per il movimento reale costituito, anche in forme contraddittorie, da domande, bisogni, spinte, interessi, volontà assai variegati a cui occorrerebbe dare voce politica unitaria. Molto semplicemente, per alcuni, il cambiamento “c’est moi”.

Peccato che questo approccio pretenzioso e totalizzante abbia sortito il risultato di far saltare la costruzione di una casa comune, di un movimento largo, per dirla con le parole del manifesto originario di Pap, condiviso da Rifondazione Comunista, di “un movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”. L’esatto contrario di una reductio ad unum, della costruzione di un partitino autoreferenziale che, in quanto tale, diviene l’ennesimo elemento di disorientamento e dispersione dell’area antagonista e delle forze antiliberiste.

Come ho più volte sostenuto la ricostruzione più che mai necessaria di un campo di forze antiliberiste chiede  di cambiare la maniera di fare politica  in analogia, per certi aspetti, con la linea adottata dalla Prima Internazionale. Allora organizzazioni di natura e statuti differenti, partiti, sindacati, associazioni sociali, personalità varie seppero realizzare una convergenza nel rispetto del principio democratico della diversità. Cosa che si sarebbe dovuta fare anche adesso: la costruzione di un fronte largo di lotta e di resistenza in opposizione  alle politiche di austerità e alla dittatura dei mercati finanziari, contro vecchie e nuove forme di fascismo, contro la guerra tra poveri. Principio negato in radice da pretese totalizzanti, da una idea di  rottamazione di tutto ciò che non è a propria immagine e somiglianza, da una cultura settaria incapace di confrontarsi con ciò che si muove al di fuori dal proprio giro ristretto.

Ci aspettano mesi impegnativi di opposizione alle due destre che occupano in questo momento l’intera scena politica, da una parte la destra xenofoba e populista che è al governo, dall’altra la destra liberista falsamente progressista. A fronte di questa situazione, della necessità di costruire un contro movimento sociale e politico antiliberista, nessuno può pensare ridicolmente di essere il centro del mondo.

                                                      * segreteria nazionale Prc-Se

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