Torino e Canberra, la doppia faccia del riscaldamento globale

di Ezio Locatelli
Cambia la scala non cambiano i sintomi.
La città di Torino, in quella che avrebbe dovuto essere una fredda notte di Natale, ha registrato la temperatura record di 18 gradi centigradi, la notte più calda dal 1865, anno di inizio delle rilevazioni delle temperature. Un avvenimento innaturale, sinistro sopraggiunto, beffa delle beffe, subito dopo la bocciatura in Consiglio regione del Piemonte di una mozione sul riscaldamento climatico. Intanto avanti tutta con la inutile linea di AV Torino-Lione, i cui lavori di escavazione di 57 chilometri di galleria comporteranno un danno ambientale gigantesco, a cominciare dalla gran quantità di emissioni climalteranti.


Molto a distanza, ma a ben pensare neanche troppo, caldo record e incendi terrificanti stanno devastando un intero continente, l’Australia,con decine di vittime, centinaia e centinaia di milioni di animali morti. Una catastrofe dalle proporzioni mai conosciute prima d’ora a fronte di un governo che in maniera ignobile insiste nel difendere le lobbies dei combustibili fossili e a boicottare gli accordi internazionali sui cambiamenti climatici.
Per dirla in breve Torino e Caberra (tanto per citare una delle città australiane investite dai disastri climatici) sono in un certo qual modo due facce della stessa medaglia. Sono due facce di uno scombussolamento climatico che non è una minaccia di là da venire ma una realtà in essere, vissuta in presa diretta da milioni di persone. Vissuta non in pochi posti maledetti dal caldo ma oramai in ogni parte del mondo. Solo che le classi dirigenti continuano ad andare avanti come se niente fosse. Non è tanto e solo un problema di universale miopia umana, è il problema di un sistema economico bastato sul profitto privato che non vuole mettere in discussione lo status quo e per questo vive di menzogne. A Torino, ad agosto, ci sarà il raduno internazionale del Fridays for Future. Ben venga questo raduno, che serva a mollare un sonoro ceffone a quanti fanno finta di non vedere.
Come attestato dal rapporto dell’Internazional Panel on Climate Changedelle Nazioni Unite (IPCC) ci resta poco più di un decennio per invertire la rotta. Poco più di dieci anni per ridurre le emissioni, per combattere la cecità dei nostri governanti, per attuare un cambiamento economico e sociale sistemico. Adopriamoci tutti perché ciò possa avvenire. Prima che sia troppo tardi.

Tratto dalla rivista “Lavoro e Salute” – gennaio 2020